Il sogno di andare in Islanda era nel cassetto da tanti anni.
Le foto viste sui libri di testo prima (eh sì, sono una boomer, i miei ricordi da giovane sono legati ai libri, alle enciclopedie, agli articoli su riviste scientifiche e divulgative) e sui social poi, mi hanno sempre fatto immaginare la meraviglia di quella terra e l’emozione che avrei provato a stare dentro a quelle immagini.
Geografia astronomica si chiamava la materia che consentiva anche a noi, esseri strani che frequentavamo il liceo classico, di conoscere un po’ di scienza: il nucleo della terra, i ghiacciai che scorrono sulla litosfera, i vulcani che buttano fuori il magma che arriva dal mantello. Ma più di tutto mi affascinava la tettonica a placche, le faglie, le dorsali oceaniche che da una parte del mondo si espandevano e dall’altra si comprimevano. Per anni ho avuto appeso in camera il poster delle dorsali oceaniche e ogni sera immaginavo i loro lenti movimenti.
Gli anni passano, mi sono occupata e mi occupo tuttora di fauna selvatica che con le placche tettoniche poso hanno a che fare.
E poi finalmente, la congiunzione astrale è stata pronta per farmi atterrare in quella terra magica.
Nessuna foto, nessun video, nessun racconto possono sostituirsi al vivere in prima persona le esperienze. Già dall’aereo qualcosa mi diceva che nei giorni successivi il mio cuore avrebbe tenuto un ritmo diverso dal solito.
La prima accelerazione l’ha avuta quando ho messo piede sulla dorsale atlantica nel punto di minima distanza tra la placca nord americana e quella eurasiatica. Saltellavo sul piede destro ed ero in Europa, spostavo il peso su quello sinistro ed ero in Nord America. Ero lì, in quel punto che avevo visto tante volte in foto, ero lì in quel punto che avevo immaginato tante volte “muoversi”. Non sono riuscita a trattenere le lacrime di gioia, ancora oggi sento il loro calore sul mio viso.
E non era che l’inizio!
Nove giorni di emozioni pure, di sorprese, di colori, odori, suoni che mi hanno legata per sempre a questa terra di contrasti, di vulcani e solfatare che dipingono la terra di colori inaspettati restituendo quadri che nessun artista sarebbe in grado di dipingere a meno che non si chiami Natura!
L’ultimo giorno di viaggio, quando ormai pensavo di averle viste tutte e di aver provato tutte le emozioni, ne è invece arrivata un’altra: il geyser. Quante immagini ci sono passate sotto gli occhi? Quanti video per farci vedere come funziona? Tante e tanti, ma non abbastanza per togliere lo stupore, l’emozione, la sorpresa del mio primo boato e lancio di acqua bollente. Non possiedo una documentazione di quel momento, perché l’emozione è stata talmente forte che invece di accendere la fotocamera, l’ho spenta. Ma impressa nel mio cervello e nel mio cuore c’è la foto più bella di tutto il viaggio, ed è solo mia.
Dopo il primo viaggio, sono tornata più e più volte, per entrare ancora di più in questo mondo, comprenderlo, raccontarlo.
Questa è l’Islanda del Nord, non puoi capirla se non la vivi direttamente!
Lolita Bizzarri