Vederlo saltare da una roccia all’altra, sui versanti scoscesi delle nostre Alpi, leggiadro come una ballerina della Scala, ci farà trattenere il fiato e coprire gli occhi con una mano pensando al peggio: ma quando avremo trovato il coraggio di respirare di nuovo e riaprire gli occhi, lo troveremo lì, con gli zoccoli poggiati su piccole sporgenze rocciose in perfetto equilibrio, che si starà chiedendo il perché dei nostri timori.
La natura sembra avergli fatto uno scherzo: corpo tozzo, possente e pesante, corna gigantesche che curvano all’indietro. Tutto farebbe pensare ad un animale tozzo nei movimenti, ma così non è.
E non è uno scherzo, ma la magia della natura che ci ha donato un animale di così tanta bellezza, eleganza ed agilità.
Portato all’estinzione su tutto l’arco alpino nel XIX secolo, è sopravvissuto soltanto in quello che oggi è il Parco Nazionale del Gran Paradiso, grazie a delle scelte apparentemente poche democratiche di Re Vittorio Emanuele II e alla lungimiranza di suo nipote, Vittorio Emanuele III.
Il suono sordo dello scontro tra le corna di due maschi adulti preannuncia la loro presenza. L’inverno è la stagione in cui si hanno più possibilità di vederlo senza dover camminare troppo, perché scendono dalle alte quote, raggiunte in estate, per cercare qualcosa da mangiare.
Lo stambecco, però, non è solo l’animale forte e possente che ci appare davanti ai nostri occhi, è anche estremamente fragile, proprio a causa della sua storia recente, fatta di estinzioni e sopravvivenze.
Ancora una storia da raccontare, una storia che di nuovo si intreccia in maniera indissolubile a quella dell’uomo cacciatore prima, ricercatore scientifico poi.
Vi racconteremo questa storia partendo da lontano, per arrivare al nostro oggi e capire come sta vivendo il nostro solo e unico re: lo stambecco. Entreremo in punta di piedi anche nella vita dello stambecco e lo faremo camminando, piano piano, nel favoloso contesto delle nostre montagne!